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#refugeeswelcome

Refugees welcome per noi è solidarietà di classe, unione delle lotte, dei bisogni, dei sogni.
Al mondo esistono solo due razze: chi sfrutta e chi è sfruttato.

#refugeeswelcome

#refugeeswelcome

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Ventimiglia in ogni città

Riportiamo il volantino distribuito ieri sera al presidio in solidarietà con le compagne e i compagni, migranti e solidali, del Presidio Permanente No Borders, vilmente sgomberato da una polizia fascista e razzista. Eravamo anche noi in piazza a Milano per ricordare che nessun essere umano è illegale e che i rifugiati sono sempre i benvenuti.

SU QUEGLI SCOGLI CI SIAMO TUTTI! VENTIMIGLIA OVUNQUE!
Questa mattina all’alba centinaia di agenti in antisommossa hanno fatto irruzione al No Border Camp di Ventimiglia, distruggendo ogni cosa che si trovava al suo interno e costringendo chi lo abitava a rifugiarsi sugli scogli per resistere allo sgombero. Il presidio si trova a pochi metri dalla frontiera Italia-Francia, una delle tante che la fortezza Europa ha sbarrato di fronte a migliaia di migranti che ogni giorno attraversano il Mediterraneo rischiando la vita, colpevoli solo di cercare salvezza di fronte alla fame, alla guerra e alle persecuzioni che attanagliano i paesi da cui provengono. La risposta dell’Europa a questa emergenza è stata chiara: migliaia di migranti che vengono rimbalzati da uno stato all’altro come merci non desiderate, poiché non portatrici di alcun profitto, chiusura delle frontiere e per pochi “fortunati” la possibilità di permanenza in campi sovraffollati e con un tenore di vita bassissimo. Ma non tutti si rendono complici di questa situazione e in tutta Europa si moltiplicano le mobilitazioni per la libera circolazione e nascono ogni giorno luoghi autogestiti in cui profughi e solidali possono vivere, contaminarsi e portare avanti una lotta comune. Tutto questo e molto altro è stato per mesi il presidio No Border a Ventimiglia: una casa, un luogo di crescita, scambio, passaggio, solidarietà per tutti coloro che vi transitavano e un punto di riferimento per una lotta che incendia ormai tutta Europa.
I profughi e i solidali che vivevano al presidio resistono ormai da ore sugli scogli e sono intenzionati a restare ad oltranza per affermare ancora una volta “We Are Not Going Back” e perché non passi sotto silenzio l’ennesimo sopruso.
Con questo sgombero pensano di intimidire e fermare la lotta, ma la solidarietà è già diffusa e Ventimiglia è ovunque, non si limita a un luogo fisico, ma è ormai un modo di vivere, contaminarsi e resistere che sta prendendo piede in ogni territorio.
Anche a Milano, nella città vetrina della speculazione selvaggia che impone ogni giorno di più un modello di vita irraggiungibile per la maggior parte della popolazione, i profughi e i migranti di passaggio sono stati portati in centri dove vivono in tendoni freddi e umidi con la vana speranza di ricevere tra mesi lo status di rifugiato politico. Recentemente alcuni migranti che risiedono al campo di Bresso, stanchi della snervante attesa e delle condizioni di vita a cui sono costretti, sono scesi in strada, bloccando via Fulvio Testi per essere poi ricacciati nel campo a suon di manganellate. Anche in stazione centrale da mesi dormono alla meglio decine di persone che tentano faticosamente di ripartire per trovare un luogo in cui poter vivere in un continente ormai blindato e in cui è sbarrata ogni forma di mobilità.
Per questo oggi siamo in stazione centrale, luogo simbolo e di passaggio di migliaia di migranti e perché vogliamo che la città sappia quello che sta succedendo.
Vorrebbero annullare ogni forma di autorganizzazione e autonomia, farci paura e dividerci, ma è troppo tardi, ora Ventimiglia è in ogni città!

noone

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[MilanoInMovimento] Noi siamo Kobane: foto e video dal corteo milanese

Lunedì eravamo anche noi in piazza a fianco del popolo curdo e delle compagne e dei compagni di milano solidali con la meravigliosa lotta di liberazione di un popolo intero. Un corteo di circa 2000 persone si è snodato lungo le vie del centro, passando sotto il consolato turco fermandoci per ricordare ad Erdogan che è un assassino e che la sua politica nazionalista e repressiva ci fa schifo.

A questo link trovate i contributi audio e video della manifestazione: http://milanoinmovimento.com/primo-piano/noi-siamo-kobane-foto-e-video-dal-corteo-milanese

Con il popolo curdo fino alla vittoria!

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[Clash City Workers] Il tempo è il nostro, è il nostro tempo. La flessibilità lavorativa da Ikea e da Carrefour

Riportiamo un contributo molto interessante del collettivo Clash City Workers [link: http://clashcityworkers.org/ ] sulla nuova flessibità che Carrefour e Ikea stanno introducendo all’interno dei vari punti vendita. E’ un contributo per noi fondamentale, poiché come collettivo lavoriamo in un territorio soffocato dalle varie catene della grande distribuzione (Ikea, Leroy Merlin, Carrefour, Auchan, Decathlon) che poco a poco stanno smantellando i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in nome di una flessibilità che giova solamente alle tasche dei padroni.

Il tempo è la moneta della tua vita.
E’ l’unica che possiedi e che puoi decidere come spendere.
Stai attento non permettere ad altri di usarla al tuo posto.

Carl Sandburg

Il tentativo dell’Ikea di aumentare la flessibilità e di pagare meno il lavoro domenicale, l’apertura dei negozi Carrefour anche di notte, la domenica ormai considerata praticamente un giorno di lavoro normale nella grande distribuzione organizzata e in gran parte del commercio, ci mostrano come l’attacco al tempo di vita dei lavoratori non si ferma. I padroni non si accontentano mai, e non si fermeranno fin quando qualcuno non gli si metterà davanti per bloccarli. è ora di dire basta e smettere di tornare indietro.

“Ringrazia che hai un lavoro!” In quest’agosto di scioperi a qualche lavoratore dell’Ikea è capitato di sentirsi ripetere questa frase da qualche cliente. E sì: perché c’è la crisi, la disoccupazione è al 13%, quella giovanile al 45% e, nonostante i proclami bimestrali del governo Renzi e di quelli che l’hanno proceduto, non se ne vede la fine.
E quindi bisogna baciare le mani che ti danno lo stipendio, che se non vuoi lavorare dietro di te c’è la fila. Quanto senso di colpa hanno provato a buttarci addosso in tutti questi anni: i disoccupati non volevano lavorare, ché ai mercati generali c’era sempre posto; i giovani universitari che protestavano contro le riforme non avevano voglia di fare nulla, ché se volevano lavorare si dovevano sbrigare a prendere la laurea e magari non essere choosy ed accettare il primo impiego che gli veniva offerto (quasi quasi pareva che in Italia ci fossero milioni di pizzerie in cerca di pizzaioli!); gli immigrati dovevano ringraziare solo per il fatto di essere qua, lavorare duro e poi a casa a dormire ché disturbano solo a vederli in giro; i lavoratori pubblici non facevano nulla e quelli con contratto a tempo indeterminato erano dei privilegiati. E intanto, nel mondo del commercio come dei servizi pubblici, aumentavano sempre di più la flessibilità interna, introducevano nuovi “criteri di produttività”, finivano per considerare domenica e festivi giorni lavorativi normali.

“Io ti pago la giornata di lavoro e tu devi fare quello che voglio io” così era nell’Ottocento, prima che i lavoratori iniziassero con le lotte e gli scioperi a limitare l’orario della giornata di lavoro, prima a 12 ore (ma solo per i bambini) poi a 10 e infine ad 8 ore al giorno. E così rimane nella testa dei padroni. Magari non lo vediamo nelle aziende più grandi, dove i lavoratori sono ancora in qualche modo organizzati ed oppongono ancora una resistenza allo strapotere della dirigenza. Ma se si lavora per un piccolo padrone, o per una cooperativa dove si lavora a chiamata per il giorno successivo, quante volte capita sentirsi dare i turni giorno per giorno, non sapere quando si stacca, a volte non avere certezza nemmeno se quel giorno si lavora perché se al ristorante non c’è movimento si viene mandati a casa prima. E questa è la flessibilità: il padrone compra la tua forza lavoro per una giornata e vuole poterne disporre come vuole a seconda delle sue esigenze. Ne abbiamo conosciute tante in questi anni 30 anni di riforme, si era cominciato con la flessibilità in entrata nel 1977 quando avevano introdotto i contratti di formazione-lavoro per permettere ai giovani di accedere ad un “mondo del lavoro bloccato” ed esteso la possibilità di fare contratti a tempo determinato (una volta si potevano fare solo in casi molto particolari) a turismo e commercio, poi abbiamo avuto pacchetto Treu, legge 30, Jobs Act e finalmente i padroni possono assumerci scegliendo il contratto che più gli fa comodo, perfino pagandoci con un voucher dell’Inps ogni singola giornata lavorativa fino a 7000€ l’anno nella flessibilità più totale, senza nessun diritto in più di chi lavora in nero. Poi è arrivato il turno della flessibilità in uscita, cioè della libertà di licenziamento, già le aziende potevano licenziare liberamente in casi di necessità economiche, ma grazie alla riforma Fornero e al Jobs Act che abrogano l’articolo 18, tutto è reso più veloce e sicuro anche per i licenziamenti che non hanno motivazioni produttive o inadempienze del lavoratore. Ora si tratta di rendere ancora più flessibile tutto ciò che sta tra l’assunzione e il licenziamento: la giornata di lavoro.

“Appartenete al passato! È l’economia moderna a chiederci la flessibilità, dobbiamo cambiare per non perdere il passo del mercato internazionale!” Ci urlano in coro il presidente di Confindustria e Consiglio dei ministri, i professori della Bocconi e i giornalisti di Repubblica, “guardate cosa dicono l’Ocse, la Commissione europea e il Fondo monetario Internazionale”. E giù a citare le statistiche e le raccomandazioni delle istituzioni che ci hanno portato nel baratro della crisi, nella barbarie della guerra per il posto di lavoro. Davvero è l’economia moderna a volere la flessibilità? Non è questo l’eterno desiderio di chi nei trent’anni di attacco ai diritti dei lavoratori, di taglio alle spese sociali e di riduzione delle tasse per i ricchi ha visto moltiplicare la propria ricchezza di centinaia di volte, mentre i salari dei lavoratori addirittura diminuivano?
E noi a questo desiderio egoista di chi ha bisogno di noi per mandare avanti negozi, ristoranti, fabbriche e servizi pubblici, opponiamo il nostro desiderio di una vita felice, sana, con il tempo per stare con i figli, con i parenti o con gli amici, per fare sport, leggere o fare quello che ci piace. Non solo è giusto ma anche economicamente fattibile, perché non stiamo attraversando una carestia, una siccità o la distruzione causata da una guerra o da una calamità naturale, non c’è bisogno di lavorare di più per sopravvivere. Accanto infatti a chi è costretto a lavorare più ore al giorno, a turni massacranti e ad un riposo che diventa sempre più chimera, c’è la piaga di milioni di disoccupati, costretti ad arrangiarsi o ad emigrare. Che poi quando un lavoro lo si trova è per l’appunto quello descritto prima, che quasi quasi manco la schiavitù. Ma c’è di più: una grande disponibilità di ricchezza, forse anche in eccesso vista la quantità di beni inutili o poco durevoli che si producono e di quelli che rimangono inutilizzati o nascosti (si pensi all’evasione fiscale). Quello che vogliamo è distribuire equamente lavoro e ricchezza perché a goderne siano tutti, e non un’arrogante minoranza: quello che diciamo è lavorare meno lavorare tutti.

Ma se questi sono i nostri desideri, e se all’opposto c’è il desiderio dei padroni di sfruttarci come meglio credono, sappiamo che la realtà materiale è molto dura e che stiamo continuamente arretrando. Dopo la sperimentazione dei mesi scorsi in alcuni negozi, Carrefour a partire da giugno ha riorganizzato numerosi punti vendita aperti h24 7 giorni su 7, arrivando a 77 in tutta la penisola, non assumendo nuovi addetti ma imponendo l’estensione dell’orario ai part-time (grazie alla legge Biagi fino al raggiungimento delle 40 ore settimanali le ore in più sono considerate non lavoro straordinario ma lavoro supplementare, e pagate senza maggiorazione) ed il lavoro notturno. Il lavoro notturno costa tanto in termini di salute fisica, psichica e sulla vita sociale del lavoratore. Come dicono numerosi studi e come sa chiunque abbia lavorato di notte per lunghi periodi, di giorno si dorme meno, peggio, si è più nervosi e incontrare gli amici o i partner diventa un’impresa. Bisognerebbe ricorrere al lavoro notturno il meno possibile e pagarlo di più, molto di più, perché a chi lo svolge costa di più. Ovviamente un simile costo non sarebbe conveniente per Carrefour, visto che non sarebbero molti a fare la spesa dalle 22 alle 6 (l’orario in cui scatta la maggiorazione notturna); l’obiettivo dell’azienda francese è quindi di far lavorare di notte i lavoratori, ma pagandoli come di giorno, rendendo il lavoro notturno assolutamente normale.

Anche l’Ikea è all’attacco del costo del lavoro domenicale e festivo e vuole estendere la flessibilità interna, chiedendo ai lavoratori di lavorare su turni che rispettano le sue necessità produttive ma non quelle del tempo libero dei lavoratori. A fine maggio ha disdetto il contratto integrativo aziendale e i lavoratori hanno iniziato a lottare contro la possibilità di vedersi ridotte le maggiorazioni domenicali e festive, che significa una riduzione fino al 20% dello stipendio mensile. Nella proposta di nuovo contratto aziendale fatta dall’azienda a fine luglio si prevede una maggiorazione dei domenicali a scaglioni che vanno dal 40% al 70% (ora le maggiorazioni vanno dal 130% dei dipendenti più anziani al 30% degli assunti più recenti, una brutta fotografia dell’arretramento subito negli ultimi anni) e la subordinazione del versamento del premio aziendale all’accettazione di un nuovo sistema di turnazione più flessibile. Un sistema basato sul programma di compilazione turni T.I.M.E., che, sulla previsione del fabbisogno di manodopera dell’azienda, stabilisce i turni dei lavoratori distribuendoli su base verticale (un part-time verticale concentra le ore previste del contratto in 2-3 giorni alla settimana) o orizzontale (le ore di lavoro vengono distribuite su tutti i giorni della settimana), mista, con diversi giorni di riposo ogni settimana, orari diversi ogni giorno. È chiaro che la possibilità di programmare, non diciamo nel lungo periodo, ma finanche un paio di giorni fuori, sparisce praticamente del tutto.
I lavoratori Ikea hanno interrotto gli scioperi alla fine di agosto, in previsione del tavolo di trattativa del 14 settembre, in cui si troveranno ancora una volta davanti alla scelta di rinunciare al salario o di rinunciare al loro tempo libero, aumentando la flessibilità delle loro giornate in funzione dei profitti insaziabili di chi mostra una rigidità infinita nella difesa dei propri privilegi. A maggior ragione se si pensa che l’IKEA non può certo accampare la scusa della crisi aziendale per giustificare queste scelte, dal momento che continua a mietere profitti miliardari ogni anno.

Noi pensiamo che sia giunto il momento che a rinunciare siano loro e saremo con chi dice no ad ogni ipotesi di revisione in peggio del vecchio contratto integrativo. Che va cambiato, ma per estendere le maggiorazioni dei lavoratori più anziani a tutti i dipendenti. Per ripartire per riprenderci il tempo, il salario, la salute che ci hanno tolto in tutti questi anni.

fonte: http://clashcityworkers.org/documenti/analisi/2091-ikea-carrefour-tempo-denaro.html

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#StopWarNotPeople Aprire le frontiere, fermare le guerre, respingere i razzisti! PRESIDIO&HAPPENING

Domenica 13 settembre saremo in Stazione Centrale a Milano insieme con tutte le realtà che hanno dato vita a un importantissimo pomeriggio per parlare di migranti, per incontrarci, parlare e ribadire che nessun essere umano è illegale.

Riportiamo l’appello della rete Milano Meticcia e Antirazzista. Appuntamento alle 14.30 in stazione Centrale per un pomeriggio di musica, incontri, solidarietà e socialità.

“STOP WAR NOT PEOPLE
aprire le frontiere, fermare le guerre, respingere il razzismo
‪#‎refugeeswelcome‬ ‪#‎nonazi‬

NO AI RADUNI NAZIFASCISTI
di Casa Pound e Forza Nuova a Milano e Cantù!

Ondate umane si infrangono sui muri della fortezza europa, su quelli fatti d’acqua e guardie costiere, su quelli di eserciti e filo spinato, di gas urticante e polizie, di prigioni per l’identificazione e l’espulsione e respingimenti forzati.

Dopo la propaganda a seguito della nascita dell’U.E., che faceva un vanto dell’abolizione delle frontiere interne e della possibilità di libero movimento, tornano improvvisamente in azione anche i check point tra un paese e l’altro, come risposta alla situazione di migliaia di uomini, donne e bambini costretti ad accamparsi su una scogliera al confine tra Italia e Francia, al bordo di un’autostrada tra Francia e Inghilterra o a morire nel cassone di un tir tra Ungheria e Austria.

Di fronte all’emergenza umanitaria causata dalle guerre che circondano ormai completamente l’Europa, dalle speculazioni, da una crisi globale che lascia i poveri a litigarsi le briciole mentre l’1% si spartisce la torta, aprire le frontiere non è un’istanza buonista o un gesto caritatevole, ma un primo e minimo atto dovuto: migranti, profughi e rifugiati scappano dalle guerre scatenate dagli interessi delle lobby di armi e petrolio, dai regimi e dai gruppi fondamentalisti finanziati e spalleggiati dalle “democrazie occidentali”, dalla miseria seminata da vecchi e nuovi colonialismi.

Aprire le frontiere perchè non si tratta di un’invasione, ma di una crisi sistemica, dove emigrare rimane l’unica scelta possibile nella ricerca di un futuro e una vita degni. E soprattutto fermare le guerre, fermare le stragi, fermare i crimini contro vita e dignità.

Gli stessi assassini che dalle poltrone votano e soffiano sul fuoco delle guerre sono spesso gli stessi che prima stipulano affari con i peggiori dittatori, poi speculano sulla pelle di chi scappa disperato dai propri paesi (con i business del mercato in nero e della gestione mafiosa dei flussi migratori, intascando fondi e appalti e lasciando i rifugiati a vivere in condizioni indegne come succede a Bresso) e sono gli stessi che per difendere questo sistema e racimolare quattro voti diffondono razzismo e guerra tra poveri, servendosi pure degli utili idioti disposti a dar fuoco a un campo rom, assaltare un c.i.e. o pestare un migrante. La Lega, d’altronde, ce lo ha ben mostrato con i decennali rapporti con Afewrki, dittatore dell’Eritrea, cui ha passato armi, con cui fa affari, salvo poi lamentarsi davanti alle migliaia di persone che scappano dalla guerra civile.

Gente del genere, che si definisce “fascista del terzo millennio”, ma ignorante e braccio armato degli interessi forti come nel secondo e come sempre, vorrebbe radunarsi da tutta Italia nella Milano Medaglia d’oro alla resistenza, peraltro proprio nei giorni dell’anniversario dell’omicidio di Abba Abdoul Guibre, un ragazzo diciottenne italiano originario del Burkina Faso ammazzato al grido di “sporco negro” da tre fascisti nell’onda di queste vergognose retoriche della paura. Casa Pound, gruppo neofascista responsabile di diversi agguati e omicidi a sfondo razzista (come il duplice assassinio di Modou e Mor al mercato di Firenze), vorrebbe organizzare la sua festa nazionale proprio a Milano, mentre Forza Nuova, partito non meno nostalgico e xenofobo, annuncia la sua presenza a Cantù.

L’appello è a tutta la Milano solidale, meticcia, antirazzista; la milano che in stazione centrale mostra il suo volto migliore sostenendo i profughi ben prima che le istituzioni si sveglino; che è disgustata dalle immagini di Ventimiglia, di Calais, di Kos, di Budapest; che non è più disposta a tollerare le stragi in Siria, in Libia, in Eritrea, nel Kurdistan turco e siriano e purtroppo in molti altri paesi.
L’appello è alla Milano che apre sportelli legali, organizza raccolte di cibo, vestiti e generi di prima necessità, che organizza scuole di lingua e si batte per i diritti e la dignità di tutte e tutti, che accoglie migranti e rifugiati, che respinge i razzisti di ogni natura.

RESTIAMO UMANI”

info https://www.facebook.com/events/1649142811999776/

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Domenica 30 agosto presidio antifascista ad Agrate

Domenica 30 agosto i fascisti di forza nuova proveranno di nuovo a far presa sulla popolazione brianzola con un presidio contro la presenza di alcuni rifugiati nel territorio di Agrate. La loro ridicola presenza sarà contrastata dalle antifasciste e dagli antifascisti con un presidio dalle 9 alle 12 in Piazza San Paolo ad Agrate.
Riportiamo il comunicato della sezione ANPI di Agrate Brianza, organizzatrice del presidio.

“Per la prima volta nella sua storia democratica, Agrate Brianza vede la presenza sul proprio territorio di un presidio di propaganda politica organizzato da forze di estrema destra neofascista.
Domenica 30 agosto, militanti di Forza Nuova, saranno presenti in città per diffondere la più bieca propaganda razzista nei confronti dei profughi e della recente accoglienza degli stessi nel nostro territorio.
Abbiamo continuamente davanti agli occhi le tragedie del mare e le sofferenze di migliaia di persone che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni e da condizioni di vita disumane; le parole del Papa e del Presidente della Repubblica sono un punto di riferimento essenziale.
Su più fronti si parla di soluzioni drastiche: interventi militari, navi da guerra, blocchi e respingimenti, siamo convinti che questa non sia la via da seguire. Abbiamo necessità di un’Europa unita, coesa e solidale, superando il cinismo, l’indifferenza, la paura e gli egoismi nazionali. È necessario avere solidarietà nei confronti delle persone che soffrono e fermezza contro i criminali trafficanti di esseri umani.
In questi mesi abbiamo assistito, invece, a una propaganda politica dai toni violenti e razzisti, sostenuta da forze politiche che costituiscono la nuova alleanza nero-verde.
Forza Nuova si muove in questo contesto, con l’aggravante di richiamarsi ai disvalori del fascismo.
L’A.N.P.I. invita ancora una volta la cittadinanza tutta a richiamarsi ai valori e agli ideali della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e a seguirne i valori che ci sono stati trasmessi dalla lotta di Liberazione e dall’antifascismo. L’articolo 10 della nostra Carta Costituzionale riconosce il diritto di asilo a tutti coloro ai quali sia impedito nel proprio Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche.
La presenza di Forza Nuova offende Agrate Brianza, che è stata ed è profondamente democratica e antifascista, la logica del nemico da combattere, le menzogne sulla presunta invasione, le parole di odio scagliate come macigni caratterizzano l’agire politico di questa forza di estrema destra.
Agrate non può accettare simili provocazioni che minano la democrazia e imbarbariscono le relazioni umane.

Agrate B.za 28 agosto 2015

SEZIONE A.N.P.I. EVA COLOMBO AGRATE BRIANZA”

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Non c’è spazio per i sessisti in Martesana.

A inizio luglio una ragazza quindicenne è stata stuprata da un militare di 31 anni che, dopo essersi finto poliziotto, con la scusa di portarla in caserma per accertamenti l’ha violentata in un parco di Roma. La notizia è girata rapidamente su tutti i media mainstream, causando una serie di vergognosi commenti e un fiume di opinioni sessiste e svilenti, frutto del radicamento sempre più forte di una certa mentalità retrograda e bigotta.

Ancora una volta abbiamo assistito alla colpevolizzazione della vittima, rea di passeggiare per Roma a mezzanotte insieme con delle amiche: per la nostra società patriarcale e sessista, una colpa immensa. E se quando a violentare sono dei migranti, l’opinione pubbica si chiude a riccio intorno alla vittima in una ridicola difesa dell’italianità della stessa, quando a stuprare è un uomo in divisa, la colpa ricade inevitabilmente sulla donna. La donna vista come provocatrice, tentatrice, come unica colpevole di uno stupro voluto e ricercato.

Tra i vari commentatori – non richiesti – anche l’assessore di Cassano D’Adda Angelo Colombo, che su facebook ci ha deliziati con l’ennesimo commento carico di sessismo e ignoranza, dove di nuovo la donna è vista come la sola causa dello stupro subito. L’assessore ha infatti sentenziato che “certe donne provocano e rischiano da come si vestono!!!”. Vogliamo ricordare all’assessore che nessuna donna provoca o cerca lo stupro con il suo abbigliamento, atteggiamento o comportamento. Le donne sono libere di agire nella loro piena coscienza senza dover rischiare nulla, perché l’unico colpevole di uno stupro è lo stupratore. L’affermazione fatta dall’Assessore non si discosta dal commento-medio che circola in rete: tuttavia, se fatta da una persona che ricopre un incarico istituzionale, suona ancora più triste.

E’ fondamentale che la mentalità patriarcale radicata all’interno nella nostra società venga completamente sradicata per permettere a tutte le donne di vivere liberamente la loro sessualità senza doversi sentire giudicate, attaccate, analizzate, come fossero pezzi di carne da ammirare senza alcuna coscienza. E’ fondamentale abbattere la mentalità retrograda che colpevolizza la donna e mai l’uomo, che vede nello stupratore un poveretto che ha ceduto ai suoi istinti poiché provocato. È importante insegnare a non stuprare, non a non essere stuprate.

E per chi non riesce a pensarla così, in Martesana non può e non deve esserci posto, soprattutto all’interno delle istituzioni che dovrebbero applicare la Costituzione che vede nell’uguaglianza – anche di genere – uno dei suoi pilastri fondamentali.

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Cologno Monzese 9 luglio: due fatti di ordinaria ingiustizia

Pubblichiamo l’interessante analisi delle compagne e dei compagni del Laboratorio Contro la Guerra Infinita di Cologno sulle vicende che hanno interessato la città poco più di una settimana fa.

Lo scorso 9 luglio sono accaduti due fatti estremamente gravi a Cologno Monzese.
Due fatti che come collettivo che opera sul territorio da più di 10 anni, e come abitanti di questa città, non vogliamo e non possiamo lasciar passare sotto silenzio.

Primo fatto: una famiglia di cinque persone, due coniugi con tre figli a carico, è stata sfrattata dalla casa in cui viveva da tre anni. Lo sfratto è stato eseguito in modo particolarmente violento, con l’impiego di vigili del fuoco, polizia locale e carabinieri per costringere la famiglia, che non ha altri posti in cui andare, ad abbandonare l’appartamento. L’abitazione in questione è comunale, e la famiglia non riusciva a pagare l’affitto perché Ahmed, il padre di famiglia, da tempo non riusciva a trovare un lavoro che permettesse di farlo.


La famiglia di Ahmed ora non ha un posto in cui vivere.

Quello di Ahmed non è un caso particolare: solo a Cologno, ogni anno, in media 200 famiglie vengono sfrattate perché continuano a vivere in appartamenti di cui non riescono più a pagare l’affitto. Potrebbe succedere a chiunque di noi: perdi il lavoro (cosa quantomai comune di questi tempi), cerchi di trovarne un altro, ma se non sei più tanto giovane non riesci.
E dopo che i pochi aiuti dello Stato per far fronte a questa situazione terminano, non riesci più a pagare l’affitto. Se non hai nessuno che possa ospitare te e i tuoi figli, probabilmente, per garantire un tetto alla tua famiglia, faresti quello che ha fatto Ahmed.

Qualcuno dirà che l’occupazione di un appartamento è un atto illegale.

Secondo noi lasciare per strada una famiglia che non ha colpe,
se non quella di non potersi permettere di pagare un affitto, è un’ingiustizia ed è ben più grave dell’occupazione di un appartamento.

I membri del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, un gruppo autorganizzato di inquilini di Milano, che da tempo si occupa di diritto alla casa, sono intervenuti per dimostrare solidarietà alla famiglia. Hanno organizzato un picchetto per cercare di impedire che lo sfratto fosse eseguito e hanno tentato una mediazione con il Comune e le forze dell’ordine.

E qui veniamo al secondo fatto grave: sei appartenenti a questo gruppo sono stati arrestati e processati per direttissima, con l’accusa da parte delle forze dell’ordine di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.
Dopo il processo, queste sei persone sono state rilasciate con obbligo giornaliero di firma presso il proprio comune di residenza. Riteniamo gravissimo che il dissenso, l’autorganizzazione e le azioni solidali siano affrontati con queste modalità.

Per questo motivo esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà alle sei vittime di questo assurdo provvedimento.

Riteniamo sia dovere delle istituzioni mettersi in ascolto dei problemi delle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità, tentare di risolverli e non di aggravarli, come è successo ad Ahmed e la sua famiglia. Secondo noi l’uso della forza non è una soluzione, è anzi un modo semplicistico e pericoloso di affrontare questioni complesse come questa, e che rischia di generare rancori e quindi un clima di timore e insicurezza.
Riteniamo che dovrebbe essere compito prioritario delle istituzioni salvaguardare la dignità delle persone: lasciare persone senza un posto in cui vivere è uno sfregio a questa dignità e per quanto ci riguarda dovrebbero evitarlo con ogni mezzo possibile.

Quando le istituzioni non salvaguardano la dignità delle persone non possiamo che stare dalla parte dei più deboli e di chi si autorganizza per difendersi da questi che per noi sono atti di prepotenza.

info: http://laboratoriocologno.casainmovimento.org/

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Supportiamo le lavoratrici e i lavoratori Ikea in sciopero

Ormai da oltre un mese e mezzo Ikea ha minacciato di disdire unilateralmente il contratto integrativo a partire dal 1° settembre se i sindacati non si fossero resi disponibili ad accettare una serie di condizioni fortemente peggiorative per la stipula del nuovo CIA (pesante alleggerimento della maggiorazione domenicale, nuovo sistema orario, modifica del premio di partecipazione, ecc).
Nonostante questa minaccia, le trattative sono andate avanti finchè, registrata l’indisponibilità dei sindacati ad accettare i diktat dell’azienda in toto senza trovare una mediazione, Ikea, con grande arroganza, ha fatto saltare il tavolo delle trattative.

Ad un atteggiamento che svela il vero volto del padronato, celato dalla retorica di una azienda socialdemocratica e vicina ai propri dipendenti, i lavoratori hanno risposto con l’indizione di uno sciopero di tutta la giornata che investirà tutti i negozi d’Italia e che chiama alla mobilitazione gli oltre 6000 dipendenti del gruppo.

Sabato 11 luglio, tra le 8,00 e le 13,00, davanti a tutti i negozi del colosso svedese si terranno presidi e mobilitazioni.

Per i lavoratori Ikea è un evento storico e importantissimo. Ora più che mai c’è bisogno del supporto di tutti. Per questo ti invitiamo a partecipare con noi al presidio di lotta che si terrà dalle ore 8,00 davanti al negozio Ikea di Carugate.

La solidarietà è un’arma, usiamola!

– Qui potete trovare il nostro video, registrato durante la giornata di sciopero dal 6 giugno: https://www.youtube.com/watch?v=dKClFKrHmyA

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